Il primo viaggio, quello che porta più lontano e più profondamente rimescola i sensi, parte dalle cose vicine, dai gesti e dai passi ovvi. Spalancare gli occhi, allungare una mano. La vertigine orizzontale del deserto, le distanze che si aprono e si richiudono al passaggio, certi popolati verdi tropicali e certi arabeschi di roccia, lingue mai imparate che diventano puro suono, o melodia, o traccai di altre fughe: tutto parte dal primo viaggio e il primo viaggio sta proprio nell’aprire gli occhi, nell’allungare la mano. La mappa del mondo si disegna da sola alla prima carezza, alla prima corteccia, al primo sasso, al primo ruscello. Poi è tutt’alpiù un consapevole attraversare i confini. Ed è facile immaginare che, per interpretare la complessità del tutto, la mappa rimandi a quelle radici che, in un attimo, fanno semplice il mondo. Terra, acqua, aria, fuoco: gli elementi, quasi fossero le quattro anime del mondo, quasi che tutto partisse da lì.